Quanto è importante per il nostro corpo e per la nostra mente prendere un momento di pausa?
Staccare da tutto e tutti, staccare dai problemi, dalla vita quotidiana, dal tram tram, dai nervosismi e dalle paturnie.
Prendersi una pausa vuol dire riuscire a guardare le cose obiettivamente, vederle da un’altra prospettiva che non è sempre e solo la nostra.
Prendersi una pausa è un pò come per la musica: il niente all’interno di un brano, di una melodia, di un pezzo, di un periodo. Una pausa temporanea che serve a dare senso al resto, indispensabile per reggere il discorso musicale. Il niente all’interno di un brano, di una melodia, di un pezzo, di un periodo. Una pausa temporanea che serve a dare senso al resto, indispensabile per reggere il discorso musicale.
E’ proprio la pausa, l’interruzione che crea qualcosa di nuovo. Una sospensione che sta dentro il brano, non lo interrompe. Ne fa parte. Un vuoto vitale. Senza, la struttura del pezzo crolla. Se trascurato, l’esecuzione risulta insicura, nervosa. Non credibile. Non dice più molto. Anche il linguaggio funziona così. Mettiamo virgole, punti, andiamo a capo. Voltiamo pagina. Prendiamo fiato, introduciamo silenzi.
Allo stesso modo abbiamo bisogno di individuare le nostre pause, di inserire spazi tra momenti, periodi, situazioni della nostra vita. Di prevedere fermate senza le quali precipitiamo nel caos e ci confondiamo, rischiando di mettere le cose una sull’altra, non distinguendole, non capendo cosa si prova. Facendoci travolgere dagli eventi.
Le pause vanno però interpretate. Nella scrittura musicale hanno funzioni diverse, per far funzionare il ritmo o prolungare l’esecuzione di una nota. Per separare due tempi diversi. Ma ci sono anche pause a piacere. La corona, o più propriamente punto coronato, è un segno utilizzato per aumentare il valore di una nota o di una pausa a piacere dell’esecutore. Pause interpretative, senza rigore e precisione, la cui durata può essere prolungata indefinitamente. Sono queste a cui ispirarsi per interpretare la nostra esistenza.
Momenti di uscita dal pentagramma, dalle abitudini, metriche, simboli e chiavi ci consentono di “stare sulle cose”, riflettere, ascoltare ciò che sentiamo e vogliamo.